Claus-Dieter Rath, per Luigi Burzotta, président d'honneur de la F. E.P.

Claus-Dieter Rath abitava con noi quel discorso psicanalitico che fonda un “legame  sociale ripulito da ogni necessità di gruppo”; egli stava a suo agio in quella dimensione (dit-mension) che ci sforziamo di mantenere epurata di quella “oscenità” della “vita di gruppo” che Jacques Lacan tentava di proscrivere dalla sua Scuola. 

L’ariosità che risulta da questa proscrizione, era quella che dava un ampio respiro agli scambi frequenti e regolari che intrattenevo con questo amico e collega psicanalista, che per me costituiva come una pietra angolare di tale habitat.

L’imponenza della sua statura, comparabile a quella mitica degli eroi omerici, sublimava nella semplicità cordiale e disponibile del suo dire, che, tedesco d’origine, prendeva agevolmente l’accento della lingua francese o italiana secondo l’interlocutore.

Venuto ancora una volta nella sua amata Sicilia, alle Giornate del 7 e 8 luglio scorso, nulla lasciava presagire quanto segretamente minasse la sua lieta e rassicurante presenza, salvo che alla mia dichiarata intenzione di volerlo proporre come nuovo Presidente della FEPP, egli ha subito risposto di sentirsi onorato della mia idea ma ha pure obbiettato che un malessere nei polmoni, di cui aveva sofferto ultimamente e di cui ancora attendeva una risoluzione completa, lo avrebbe potuto privare del fiato necessario per rivestire una tale carica.

Proposta che egli avrebbe poi definitivamente declinato alla scadenza prevista per le candidature al rinnovo del Bureau. 

La sua relazione ampia e sicura a quelle Giornate in onore di Moustapha Safouan, dal titolo Che leggi sono “la legge del linguaggio” e “la legge della parola”, che sapientemente riportava ogni discorso sulla vita e sulla morte, alla verità della struttura, non ci fece avvertire la gravità del suo stato di salute.

La sua volontà di privilegiare nonostante ciò la sua permanenza nel legame sociale del discorso analitico e il suo coraggio di opporsi alla miseria del comune calcolo delle probabilità sulla vita e sulla morte, permise che noi lo incontrassimo ancora una volta in ottobre al Congresso di Parigi, in uno stato fisico che lo mostrava, per quanto ne appariva, ancora nel pieno delle sue forze.

La sua originale articolazione del tema proposto per quell’incontro su ”le violenze e il sessuale”, che già dal titolo del suo intervento era reso in una sintesi efficace, Le caractère sexuel de la violence et la sublimation, dava un saggio di quella sottile ironia che sempre lo caratterizzava e che sapeva volgere puntualmente in un tagliente motto di spirito ogni imbarazzo nel quale vedeva arenarsi l’altrui discorso.

Che la sua scomparsa ha sorpreso tutti noi, deriva forse dall’aver decisamente voluto ch’egli stesso venisse sorpreso della sua dipartita, mentre era immerso nel pieno impegno del suo lavoro di ricerca nel campo analitico.

Caro Claus non avrei mai voluto articolare queste parole per te, ma poiché vi sono giunto mio malgrado, il tuo stile mi permette di farlo nello spirito del discorso di Freud secondo il quale tu hai voluto insegnarci che “la morte è amore”.  

Luigi Burzotta

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